- Trama
- Incipit
(età 11+)
È notte. Agnese si sta calando dalla finestra della sua camera da letto. È arrabbiata con il mondo intero ma, soprattutto, con sua madre che, da quando è nata la sorellina, avuta con il nuovo compagno, sembra non considerarla più, tanto da essersi dimenticata persino il suo undicesimo compleanno! Così decide di scappare: inizia a vagare a testa bassa e senza meta, avvolta da una leggera nebbia che, però, diventa sempre più fitta, trasformando le vie deserte della città in un labirinto. A un certo punto si accorge che sta girando in tondo, finendo sempre nello stesso luogo: di fronte alla vetrina illuminata di un negozio che, nonostante sia notte fonda, è aperto. Ma che razza di bottega è quella? Mentre si guarda intorno, una voce la sorprende alle spalle: è il signor Fobos, il padrone de “L’Emporio della Paura”. L’uomo le spiega che quella che sta ammirando è la sua personale collezione e tutti gli articoli esposti hanno una cosa in comune: nascondono una storia, una storia di paura. Per poter possedere quegli oggetti, Agnese dovrà avere il coraggio di ascoltare il racconto legato a ciascuno di essi. Storia dopo storia, però, la situazione diventa sempre più inquietante e la ragazza non sa come uscirne. Riuscirà a tornare a casa?
Agnese prese la sveglia dal comodino e guardò l’ora sulle lancette fluorescenti: mezzanotte e un minuto. Il giorno del suo dodicesimo compleanno era appena terminato. Il momento era giunto.
Senza nemmeno respirare, scivolò fuori dalle lenzuola. Raccattò uno zaino, che aveva nascosto sotto al letto, e se lo mise in spalla. Infilò le scarpe, tirò su il cappuccio della felpa nera che indossava al posto del pigiama e fu pronta. Per qualche istante rimase immobile, ascoltando l’oscurità. Nessun rumore veniva dalla stanza accanto, dove sua madre dormiva con il bambino.
“Devo fare in fretta se non voglio essere scoperta, devo andarmene prima che quella peste inizi a piangere di nuovo.”
Camminò in punta di piedi fino alla finestra. Aprì piano i vetri, spinse le imposte e si sporse sul davanzale. Sopra di lei, un cielo senza nemmeno uno spicchio di luna. Sotto, il tettuccio bianco del furgone che il compagno di sua madre, come ogni sera, aveva parcheggiato radente il muro del condominio, proprio sotto a camera sua. Agnese inspirò a fondo, appoggiando il primo piede sul davanzale.