- Trama
- Incipit
(età 10+)
Federico vive con la madre Sara e il suo compagno, il Maresciallo dei Carabinieri Giovanni Milazzo. Federico comincia le scuole medie e non ha amici. Stringe però una sincera amicizia con il suo compagno Driss, italiano di nascita con genitori marocchini. Per farsi notare, decidono di risolvere il caso di una vecchietta scomparsa. Durante le loro scorribande pomeridiane in bicicletta disegnano una mappa che ritrae sei campi perfetti per poter giocare a calcio che chiamano rispettivamente: San Siro, Amsterdam Arena, Allianz Arena, Santiago Bernabeu, Olimpico e il migliore di tutti: il Maracanà. Un giorno, mentre giocano al Maracanà, la palla finisce nel giardino di una villa molto inquietante. L’ululato di un lupo, o forse di un cane sempre presente nel bosco fa sì che i due amici la ribattezzino “Villa Mannara”. I ragazzi recuperano il pallone dal giardino di Villa Mannara e incontrano la padrona di casa: una figura strana ed enigmatica, sicuramente colpevole di aver rapito la vecchietta scomparsa. I ragazzi sono decisi a smascherarla: una notte, scavando alcune delle buche ricoperte che trovano nel giardino della villa, cadono in un buco profondo, un rifugio antiaereo costruito durante la seconda guerra mondiale nel quale trovano proprio la vecchia rapita. L’unica via d’uscita è un tunnel che porta direttamente al bosco in valle, vicino al fiume. Ad attenderli c’è però il vero artefice del rapimento che li chiude dentro una casetta abbandonata nel bosco. Sarà il presunto lupo, che si rivelerà essere un cane da slitta, ad aiutare il maresciallo Milazzo a liberare i due ragazzi e a risolvere il caso.
Federico pedalava oscillando pericolosamente a destra e a sinistra, portando la bicicletta a uno sforzo quasi soprannaturale per rimanere in equilibrio. L’aria tagliata dal naso gli sibilava nelle orecchie e il battere del cuore sovrastava il rombo dei motori delle auto che gli sfrecciavano accanto, senza rallentare. Più veloce. Mentre si avvicinava alla scuola, quel rumore rimbombava sulle guance e in gola. Percepiva il sudore sulla pelle e i capelli biondi si arricciavano, cadendo sulla fronte a dispetto del gel con cui li aveva cementati, poco prima di uscire di casa. Ancora poche pedalate e sarebbe arrivato. Si guardò intorno in cerca di un paio di occhi conosciuti, ma niente. In piedi sui pedali, superò il marciapiede che separava la strada dal cortile della scuola. Rallentò d’inerzia, aspettando che la bici si fermasse da sola dove voleva. Con un balzo preciso atterrò accanto alla sua fedele bi- cicletta, una MTB Viper rossa con una vipera nera disegnata sulla canna, che tratteneva per il manubrio stringendolo forte.
Era l’ultimo regalo che aveva ricevuto dal padre, qualche giorno prima dell’incidente che glielo aveva portato via. L’avevano costruita insieme, pezzo dopo pezzo, dalle ruote a ogni singolo ingranaggio.