Laboratori di scrittura creativa, comics e un contest da paura! Con Laura Orsolini scrivere è un gioco bellissimo.
Gli scritti segnalati
Sofia Bocchiola
“Su dai vieni!” urlò arrabbiata la signora Zoid a sua figlia Karin.
“Dai mamma, non voglio andare al camp!” si lamentò.
Ogni anno la signora Zoid lasciava Karin al camp estivo Barbabietola. Karin odiava tantissimo andare lì, i maestri sono antipatici e non fanno altro che coltivare verdure. Karin e gli altri studenti erano costretti a mangiare verdure che coltivavano. La signora Zoid faceva così solo per avere più tempo libero con il suo ragazzo Nico. Così, con il broncio sulla faccia, Karin salì sulla macchina della madre per andare al camp. L’unica cosa gradevole è che c’era Pixie: la sua migliore amica. Si erano incontrate all’asilo e da allora non si erano mai separate. Appena arrivata, Pixie le venne incontro per abbracciarla, come faceva sempre.
“Su, andiamo o ci perderemo l’annuncio delle camere”.
“Il solito annuncio” sbuffò Karin.
Arrivarono nella sala. C’era, come sempre, Miss Jules ad aspettarle.
“Nome” chiese Jules
“Pixie Montegory” si presentò.
“Karin Zoid” le fece eco l’amica.
“Stanza 240” rispose Jules consegnando la solita chiave.
“Uffa sempre la stessa stanza” si lamentò Karin.
“Facciamo sempre le solite cose, dopo un po’ diventa noioso” rispose Pixie.
La sera dopo Karin era obbligata a controllare le barbabietole degli altri. Tutti gli studenti a turno dovevano farlo. Con la torcia in mano, Karin vide una ragazza del gruppo dei più grandi avvicinarsi.
“Ciao. Anche tu devi controllare?” le chiese ridendo.
“Sì” rispose per poi ignorarla. La ragazza se ne andò.
In quel momento Karin sentì un rumore provenire dai cespugli. Una donna con i capelli neri e la pelle bianca, bianchissima. Indossava una corona bianca e nera e un vestito da sera grigio. Si avvicinava.
“Buonasera, posso aiutarla?” chiese la bimba tremando.
La signora rispose in modo poco chiaro.
“Ehm signora, non ho capito” balbettò Karin. La donna sparì nel nulla. La ragazza tremava.
“Zold” chiamò il maestro Luka. Il turno era finito, era ora di dormire.
La mattina seguente Karin raccontò tutto a Pixie.
“Forse stavi già dormendo, era un sogno probabilmente” spiegò Pixie sfregandosi gli occhi. Non era convinta di quello che aveva detto.
Entrarono in classe. Il corpo di una bambina dai capelli gialli era impiccato. Un pugnale era infilato nel suo petto. Per Pixie fu un trauma ma per Karin lo era di più. La bambina era proprio la ragazza che aveva incontrato la sera precedente. Vicino al corpo trovarono un foglio. Karin lo lesse: ‘Verrò a prenderti, Zoid’.
Karin diventò pallida in viso.
“Karin?” chiese tremando Pixie.
“La donna” bisbigliò Karin ma non finì la frase per la paura.
Quando la polizia arrivò, non capirono chi fosse il colpevole, così decisero che la ragazza si era suicidata. Ma state attenti lettori perché la donna fantasma è in agguato e sta aspettando la sua prossima vittima…
Margherita Leandri
L’estate taceva e l’inverno governava. Tacevano le cicale che non cantavano più, taceva il sole che si nascondeva dietro alle nuvole per non bagnarsi con la pioggia violenta. L’unica cosa che non taceva era il vento, che trascinava via i miei pensieri. Le nubi si annerirono e piano piano tutto era buio. Non mi era mai successo di assistere a un inizio d’inverno così violento.
Così uscii sul balcone e scrutai il cielo. Era scuro, le nuvole maligne osservavano il mondo senza pietà. Chiesi a mia madre se saremmo usciti. Lei mi rispose di no, sicura di ciò. Mi spaventai e mi rinchiusi in camera piangendo per ore, fino a quando venne la sera e vidi una piccola luce vicino alla luna ma era più vicina di una stella e con il passare del tempo si avvicinava sempre di più ed era fortissima, tanto che per uscire servivano gli occhiali da sole. Quasi era meglio il buio.
Agata Gallifuoco
Andrew stava camminando nel corridoio passando le dita sottili sul dorso dei grossi volumi esposti nella libreria al muro. In seguito al tocco si alzavano piccole nuvolette di polvere grigia che gli facevano pizzicare il naso. Sapeva per certo che se sua madre fosse stata lì gli avrebbe detto di smetterla, ma sua madre non era lì. Non più ormai. La casa era buia e silenziosa, vuota. C’era una strana tensione nell’aria, come se…come se ci fossero dei conti in sospeso.
Andrew non aveva idea di dove fosse sua madre oppure non lo ricordava, in ogni caso al momento non lo sapeva e non sapeva nemmeno perché da un momento all’altro la casa fosse diventata vuota, dov’era finito suo padre invece? Non era mai stato il suo preferito, però ora che non c’era più, il solito odore del fumo della pipa, così tanto odiato ma allo stesso tempo così familiare era sparito, doveva riconoscere che William Adams era pur sempre suo padre… si può dire che gli mancava forse? Oppure era una strana specie di senso di colpa? O una semplice scusa che serviva a colmare il vuoto che sentiva per colpa del mancato rapporto con suo padre. Probabile.
Andrew si sforzava di ricordare. Anche se era difficile e faceva male. Gli veniva da piangere. Ma non voleva farlo, la madre ripeteva in continuazione che solo i deboli piangono, e lui non era debole. Non voleva esserlo. Si sentiva solo però. Era solo. Ricordava solo una parte della notte passata, quella in cui tutto era cambiato.
Le urla seguite dal terribile silenzio. La paura. La solitudine. In quel momento Andrew era da solo nella sua camera, sul letto, guardava il soffitto spoglio, non aveva mai avuto il permesso di appendere i suoi disegni sulle pareti della camera. Cosa diavolo era successo?
Qualcuno era entrato spalancando la porta della casa. C’era stato un discorso che Andrew non aveva compreso. Poi silenzio. E poco dopo un urlo aveva squarciato l’aria, l’urlo era di sua madre o di suo padre? Non lo sapeva perché nel panico si era tappato le orecchie per non ascoltare la voce straziante. Successivamente ricordava di avere sentito salire le scale per il piano di sopra. La sua camera era al piano di sopra. Nascose la testa sotto le coperte come uno struzzo sottoterra e sperò che fosse un sogno, che non stesse succedendo davvero. Era buio, c’era silenzio. Il rumore di passi si era avvicinato. Poi si era fermato. La maniglia si era abbassata.
Da quel momento non ricordava più nulla, aveva urlato? Forse.
Rebecca Calluso
Era un giorno di pioggia, quando mia sorella gemella Kaily leggeva un libro sul suo letto e io mi annoiavo. Guardai fuori dalla finestra osservando le gocce che facevano a gara scommettendo su quale potesse essere la prima a vincere. Dopo un paio di round sentii Kaily che mi chiamava, andai da lei che mi mostrò una storia molto interessante su dei troll che infestano le case perché nessuno porta loro mai da mangiare, mi misi a leggere tutta la storia e mi incuriosii molto. Lei subito prese l’occasione per invitarmi a esplorare la casa della signora nel bosco, una vecchietta molto gentile che ci offre sempre delle torte buonissime. Lei era convinta che all’interno dell’abitazione ci fossero dei troll. Non pensavo fosse una buona idea, ma avrei accettato solo se fossimo andati quando la signora non c’era, di solito andava fuori città per incontrare qualcuno, forse le sue amiche vecchiette. Dopo mangiato ci sedemmo sul mio letto a leggere altre storie, ogni storia aveva qualcosa di estremamente coinvolgente che mi fa rimanere col fiato sospeso, sentimmo suonare alla porta, alzai lo sguardo verso l’orologio appeso al muro accorgendomi che fossero le 16:00 allora andammo a vedere, anche se sapevamo benissimo che fossero i nostri genitori che tornavano dal lavoro, in realtà noi speravamo fosse più tardi così che la vecchietta ci portasse una torta e ci dicesse che stava per partire. Nostra madre ci chiese se avessimo mangiato e nostro padre ci chiese, andando verso il freezer, se avessimo finito il gelato, subito risposi che in realtà stavamo aspettando la torta della vecchietta, la mamma ci disse una cosa che non mi sarei mai aspettato. La signora era morta. Ci disse che la vecchietta durante la notte aveva avuto un attacco di cuore e che vivendo da sola non aveva potuto avvisare nessuno. Stamattina erano passati per chiedere del latte fresco per la nostra colazione, ma da una finestra che mostrava la sua camera da letto, la videro, bianca come un cadavere chiamarono un’ambulanza che la diede per morta con attacco cardiaco.
Ancora sconvolti per la notizia, ci sedemmo, i nostri genitori sapevano quanto ci piacevano le torte sella signora e la sua dolce presenza. Ci hanno detto che ora è in un posto migliore, ma a me personalmente non faceva stare meglio, mia sorella invece non sembrava tanto turbata anche se sapevo che dentro ci stava male, si poteva notare grazie alla sua posizione inusuale, piede sulla sedia, schiena ricurva e braccio teso sul tavolo.
Dopo molto tempo passati ad osservarci senza sapere come affrontare la situazione abbiamo deciso di andare in camera di Kaily, abbiamo discusso perché lei comunque voleva andare a esplorare la casa, io non ci tenevo molto soprattutto dopo quello che abbiamo sentito, come poteva voler andare a casa di qualcuno dopo che è passato a miglior vita, e forse avevo anche un pò di paura.
Ero steso sul mio letto, cercavo di distrarmi cercando di non pensare alla litigata e all’esplorazione della casa, non pensavo che fosse così poco gentile e sensibile nei confronti delle vecchiette. Decisi infine di andare nel bosco, mi distraevo, riuscivo a non pensare ai miei problemi, volevo solo starmene per conto mio senza che nessuno mi disturbasse. Attraversai il corridoio prima di scendere le scale, vidi mia sorelle sulla scrivania che scriveva qualcosa e al suo fianco aveva il libro delle leggende, volevo prenderlo, leggere altre cose interessanti, ma mi trattenni dalla curiosità pensando fosse meglio allontanarsi definitivamente da tutto, scesi le scale e uscii fuori. Il bosco è di fianco casa nostra, mentre le altre case sono qualche metro più avanti alla nostra, è un paesino non c’è molto da vedere ma le persone sono tutte gentili. Mi addentrai in mezzo a quegli alberi enormi, quasi non si vedeva la fine, camminai fino ad un punto vuoto senza troppi alberi e rimasi lì ad osservare la natura che mi circondava. Nel frattempo mia sorella stava leggendo il libro delle leggende, aveva trovato qualcos’altro di molto interessante e decise di farmelo leggere, uscì di casa e mi chiamò, la sentii molto lontana ma risposi al suo richiamo e la feci venire nel punto in cui ero. Mi vide steso per terra, si stese vicino a me senza dire niente e mi passò il libro per farmi leggere, mentre ero concentrato sentii un bisbiglio di fianco, mi girai, c’era mia sorella che mi guardava con aria triste e dispiaciuta, mi disse che le dispiaceva per ciò che aveva detto e che si sentiva in colpa per la litigata, lo sapevo che era solo un momento infatti non dissi nulla, mi avvicinai a lei e le porsi il libro così che potesse leggere con me. Più tardi mentre parlavamo delle leggende, grazie alla calma e al fruscio del vento sugli alberi ci addormentammo.
Mentre dormivo mi sentivo strattonare sentendo una voce di sottofondo che urlava, non una voce stridula era molto ovattata, segno che stavo palesemente dormendo e poi…odore di sangue. Mi svegliai di colpo, un muro di nebbia mi ricopriva la vista, l’unica cosa che riuscii a vedere era mia sorella, una chiazza di sangue e un coltello poggiato di fianco a lei, sentii una grande morsa al petto che mi stringeva, sbattevo i denti come se mi stesse per succedere qualcosa di terribile, volevo piangere e urlare perché oppresso dalla situazione e avevo voglia di scappare da quell’incubo che non poteva essere vero. All’improvviso scostai lo sguardo da Kaily per osservare uno spettacolo ancora più terrificante e agghiacciante, una donna estremamente bianca che correva, urlava e piangeva con un vestito da sposa che le scendeva fino a terra, con un velo molto lungo che si alzava con il vento, che provocava la sua corsa. Si fermò di scatto, si girò in modo lento e mi guardo con quegli occhi neri come la pece, non riuscivo a muovere niente, la bocca non emetteva suono, ero semplicemente lì a guardare quella donna che pian piano si avvicinava, non sentivo i passi, ma solo lo scorrere delle foglie sotto il velo bianco, è da lì che capii che in realtà quello, era un fantasma. Si avvicinava, urlava, piangeva e io fermo immobile ad aspettare che facesse in fretta, che non mi facesse sentire dolore, che mi uccidesse come aveva fatto con mia sorella, sentivo le foglie, chiusi gli occhi e non so perché ma mi venne da mettere le mani sul viso per proteggermi, anche se la situazione non lo permetteva. A un certo punto si fermò, non urlava, non piangeva, non sentivo le foglie, pensavo fosse vicina a me così per fare in fretta aprii gli occhi di scatto. Non c’era più nessuno. Non ci credevo, era tutto finito, se ne era andata, in quel momento non mi importava, ero lì e mia sorella era morta, mi avvicinai a lei e piansi fino a quando non arrivò qualcuno.
Passarono due settimane dalla morte di mia sorella, ogni notte sento il fruscio delle foglie e una presenza vicino a me che piange, ma sorride allo stesso tempo e mi fissa scrutandomi l’anima nel profondo come se fosse ossessionata da me, ogni volta mi sveglio dai miei incubi che non riesco a controllare. Una sera andai a dormire tardi, avevo passato la notte a vedere una serie tv che dovevo assolutamente finire, mi addormentai presto, ma durante la notte fui svegliato da qualcuno che mi chiamava da fuori la stanza, era mia sorella, mi spaventai, ma non urlai infatti mi calmai appena la vidi, ma non capii, mia sorella in realtà era morta, non potevo vederla lì, proprio in quel momento, piano piano si avvicinava a passi lenti e con una faccia abbastanza triste, mi feci coraggio e la lasciai avvicinare, in fondo era Kaily, era arrivata ai piedi del letto e iniziava a salire, non la sentivo ma la potevo vedere chiaramente. All’improvviso fece uno scatto e si trasformò nella donna, urlai subito e in quel preciso momento… Mi svegliai!
Dopo quella notte feci varie ricerche, in realtà la sposa era una specie di leggenda, una strega che doveva sposarsi venne uccisa perché gli abitanti del castello seppero il segreto delle sue origini prima del grande giorno, così si celebrò un funerale invece di un matrimonio, la donna fu portata nelle celle del castello per farla stare nel suo ambiente e farla mangiare dagli insetti pian piano, una volta morta in verità la donna era diventata ostile e si voleva appropriare di qualcuno che le potesse stare vicino per sempre.
Decisi di andare in quel castello per capirci di più, presi una torcia uno zainetto con dentro le cose indispensabili tipo dei fiammiferi in caso la torcia si scaricasse, un po’ di bende nel caso mi facessi male e varie altre cosine utili. Arrivai molto presto al castello, non era poi così lontano, entrai e subito notai l’aria che si respirava, era opprimente, come se lì dentro fosse morta molta gente, in quel momento andai a esplorare il posto. Arrivai in una stanza, buia, senza troppe finestre, con solo una sedia al centro e varie sedioline ai lati dei muri, in quel momento un rumore assordante mi prese alla sprovvista e mi dovetti coprire le orecchie, era quella donna, si percepiva, tutto diventava più tetro, più sottomesso alla sua presenza. In quel momento sbirciai dalla porta e vidi lei, gironzolare avanti e indietro piangendo e urlando con il rumore del tappeto con sopra il velo. Ero nascosto, vedevo lei ed ero fermo immobile sperando di essere al sicuro, ma così non era, appena passata dal corridoio era come se mi avesse sentito, si girò, venne verso di me, non sapevo che fare, alla fine entrò, i suoi occhi pieni di lacrime, quel sorriso, mi lasciò pietrificato dalla paura.
Decisi di puntare il tutto per tutto e provare a scappare, forzai le mie gambe di muoversi e scappai, sentivo che mi inseguiva, lei era veloce, lei mi voleva. Ero arrivato vicino a una porticina, senza pensarci su entrai, scesi delle scale molto lunghe, mi guardai dietro, ma la strega si era fermata, presi la torcia, erano le celle del castello. Iniziai ad incamminarmi, fino a che non vidi qualcuno, mi iniziarono a sudare le mani e avevo la respirazione accelerata, era Kaily! La chiamai, urlai il suo nome più volte, ma quella non era lei, si girò lentamente, i suoi occhi vuoti, quel sorriso inquietante, cercai di scappare ma lei fece prima, arrivo davanti a me e dietro di me e di fianco a me. Non avevo vie di fuga. Infatti poco dopo arrivò lei e mi prese trascinandomi dove voleva. All’improvviso lo vidi, lo scheletro avvizzito della strega era lì si poteva vedere chiaramente dalla mia prospettiva, non potevo liberarmi ma per lo meno muovermi, era questo il momento opportuno. Ero lì intrappolato nella sua presa fantasma, non sapevo se avesse funzionato ma ci avrei provato, così avrebbe potuto riposare in pace. Successe tutto così in fretta, presi il fiammifero nella tasca, le feci luce agli occhi e lei si girò con la testa, lanciai il fiammifero verso il corpo morto, ed ecco il momento tanto atteso, la donna, sparì. Uscii via da quelle celle, cercai di scappare da quel castello, ma qualcosa mi bloccò, mi strattonò, mi gridò qualcosa che non riuscii a capire. Aprii gli occhi. Ero nel bosco, sentii delle gocce cadermi sul viso, mia sorella con il libro sulla testa mi disse di tornare a casa…